Torricella in Sabina
C’era una volta una bella fanciulla di nome Celia…. così cominciano le storie, delle origini di Torricella, raccontate da tutti i nonni ai loro nipoti”
La fosca leggenda farebbe provenire il nome di questo paese dal ricordo della antica torre come monumento funebre, dove la bella Celia, forse una contessa (ma non si esclude che fosse una contadina), non volendo andare in sposa ad un signorotto locale, fu rinchiusa e sarebbe morta di fame.
Tutti gli abitanti amano pensare che questa sia la storia autentica delle origini di Torricella, ma esistono altre fonti.
Nel Registro Farfense il paese si trova già menzionato dal 1019 come “portione de ipso castello quod dicitur Torricella” (fu un certo Tedmario, figlio di Giasone, a donare il castello al monastero farfense) così come è citato nel 1047, nel 1059, nel 1066, nel 1079, nel 1086 sempre come Castellum Turricellae, forse in omaggio alla forza feudale della torre, eretta da parte dei primi feudatari.
E’ pur vero che, in un antico libro parrocchiale, il sigillo porta ancora il motto “Turris Celiae” a conferma della leggenda sulla bella Celia. Con certezza si sa che l’attuale torre è un resto di un castello dei Brancaleone, proprietario del feudo comprendente anche i castelli di Stipes, Frasso e Ginestra, nel XIV secolo.
Fu poi feudo dei Cesarini che vi eressero il palazzo patrizio, ancora oggi visibile, addossato alla torre stessa.
Il torrione che fa cintura alla chiesa parrocchiale e che ne racchiude l’absibe, ha avuto, nel medioevo una funzione militare per protezione alle invasioni barbariche.
Nel secolo scorso, si aggregarono a Torricella la frazione di Ornaro, staccatasi dal comune di Belmonte Sabino, ed il soppresso comune di Oliveto Sabino, dando origine alla costituzione dell’ancora attuale comune. Passata allo Stato Italiano a seguito delle annessioni del 1860, Torricella fu aggregata alla provincia di Perugia, poi a quella di Roma ed infine a quella di Rieti.
Per quanto riguarda la storia di Torricella è importante ricordare che il paese visse un paio di giornate memorabili dal 21 al 23 Ottobre 1867 quando vi sostò una colonna di circa trecento volontari garibaldini provenienti da Rieti e diretti a Roma, nel corso di quella infelice impresa denominata “campagna dell’agro romano” che si concluse con la drammatica giornata di Mentana.
Così ne riferisce il Barrilli, uno dei volontari, ponendo in risalto le dimostrazioni di generosa ospitalità offerte dalla popolazione: “Sono ottima gente, cortesi senza fronzoli e ospitali con tanto di cuore, come i loro antichissimi padri.“.
“I buoni abitanti di Torricella, mossi a pietà del nostro stato… ci offrivano quattordici fucili, cinque dei quali erano stasti caricati due o tre anni innanzi… Comunque fosse, accettammo il presente che in quelle circostanze ci parve la man di Dio…“.
La mattina del 23 Ottobre Garibaldi transitava velocemente in carrozza per Torricella diretto a Scandriglia e quindi a Passo Corese per passare il confine, e lo ricorda così il fatto: “Salutati affettuosamente i nostri ospiti cortesi, lasciammo il paese alle due pomeridiane dello stesso giorno accompagnati da un’acquerugiola fine e continua… cantando il “Fratelli d’Italia” al buon popolo di Torricella che ci saluta dai margini della strada maestra, dalle finestre dei casolari, dalle prode dei campi.”
Ultimo aggiornamento
29 Aprile 2021, 15:31